domenica 3 aprile 2011

Il mito di Facebook, di Maria Cristina Caccia


“Sei anche tu su Facebook?”

Quante volte ci siamo sentiti rivolgere l’ormai diffuso quesito! Essere presenti sul “libro delle facce” è quasi un “must”: o ci sei, o ci devi entrare!
Attivo già da qualche anno, sta assumendo sempre più i contorni di un vero e proprio fenomeno di massa: sono milioni gli utenti iscritti con un proprio profilo e uno spazio tutto per loro per comunicare, condividere idee, foto, immagini, esperienze. Un diario virtuale aperto soltanto ad amici e conoscenti con il permesso di “spiare”: se vieni “aggiunto” puoi accedere altrimenti sei “out”. Questa “vetrina” on-line dà modo alla creatività di esprimersi, rafforza l’egocentrismo e soddisfa, al tempo stesso, il bisogno di sentirsi parte di una comunità e il desiderio di estendere la rete delle proprie amicizie oltre a quello di rafforzare e, spesso, recuperare, quella esistente.
Da un punto di vista sociologico, il diffondersi della “società in rete” si contrappone ad un manifesto ripiegamento individuale e ad una evidente deferenza verso le istituzioni della società, denunciando quale peso acquistino fonti personali alternative di riferimento e reciproca influenza.
Si sottolinea l’importanza di un nuovo scenario che caratterizza il popolo del networking ovverosia quello della “raccomandazione sociale” e “dell’auto-aiuto”, costruito su un assioma molto semplice: gli utenti del web si fidano e affidano al gruppo, ne seguono indicazioni, consigli, chiedono, a loro volta, suggerimenti, per valutare e, spesso, scegliere. “Un terzo dei frequentatori europei di social network visita questi siti almeno una volta al giorno e il 41% più volte nel corso della settimana; quasi il 60% vi ricorre come strumento di relazione e di espressione di opinioni, punti di vista su temi di interesse specifico, mentre il 40% condivide tematiche di comune interesse”. (fonte, Microsoft Digital Advertisting Solutions).
La dottoressa Bruna Marzi, psicologa e psicoterapeuta, autrice di articoli pubblicati sulla rivista on-line “Scienza e Psicoanalisi”, in merito a questo “life style” sostiene che,
“..dietro alla spinta emotiva di apparire su Facebook, si nasconde una forte componente narcisistica, in un luogo in cui l’effetto reattivo dei sensi tipico di un incontro reale tra individui, lascia il posto all’astratto immaginario. La comunicazione virtuale riduce lo stimolo percettivo alla sola espressione scritta, privando la relazione di tutte quelle componenti sensoriali ed ambientali che caratterizzano la relazione oggettuale. L'assenza dell'oggetto dal campo percettivo agevola, nei soggetti predisposti, il ritiro della libido in senso narcisistico ed il conseguente investimento su un'immagine che assume le sembianze ora di ideale, ora di oggetto persecutorio.”
Il Direttore Editoriale della rivista “Scienza e Psicoanalisi”, il dottor Quirino Zangrilli, medico chirurgo, omeopata e psicoterapeuta ritiene che,
“..la comunicazione virtuale espone gli attori ad un transfert impregnato più di altri di idealizzazione. Il transfert, ovverosia la riedizione inconscia, più o meno mascherata, di precedenti schemi di azione-reazione, connessi a primitive esperienze traumatiche, si rende evidente nella comunicazione in Facebook”. Il medico consiglia di osservare attentamente le iniziali interazioni, soprattutto tra “nuovi” amici, laddove appare evidente una insolita e inusuale familiarità che non è facile ritrovare in un primo approccio conoscitivo “a tu per tu”. “I due attori della relazione” – prosegue il dottor Zangrilli -  “senza avvedersene, facendo leva su alcuni aspetti percettivi, anche subliminali, una foto, un modo lessicale di esprimersi, un luogo di residenza, la professione svolta, proiettano massicciamente sull’altro precedenti frammenti di esperienza”. Da ciò è facilmente desumibile come l’interazione transferale su Facebook sia incline a un processo di “idealizzazione” dal momento che fattori percettivi, quali l’estetica, l’odore, il tono la gradevolezza o meno della voce, lo sguardo, la gestualità, che, normalmente, concorrono a determinare un primo giudizio dell’altro, sul social network sono completamente assenti.

Ognuno tende a mostrare il meglio di sé: Facebook libera l’istinto e aiuta a mentire, se di questo si ha bisogno: capiterà, allora, che nessuno scriva di essere brutto, antipatico, insopportabile, iracondo, decantando, invece, i lati più belli del proprio aspetto fisico e mentale. Può succedere che l’insospettabile conformista si aggreghi a gruppi con cui non ha, apparentemente, nulla da spartire! Con lo stupore dei suoi “friends”. Questo, è uno spazio fantastico in cui è così facile nascondersi senza rimanere soli: su Facebook ci mostriamo ma, paradossalmente, e, a volte, fortunatamente, nessuno ci guarda!
La Facebookmania è cosa certa. La vita convulsa dei nostri tempi, frammentata dall’inumanità delle nostre città, ha lasciato sempre meno spazio all’interazione umana, piacevole e gratificante, che fino ad un paio di generazioni passate si svolgeva sulle piazze e nei bar.
Gli insicuri parlano e non si sentono ansiosi, i più timidi azzardano persino proposte d’amore, i più temerari lanciano sfide che odorano di videogame, i più creativi invitano ad unirsi ai fan club più strani.
Facebook traduce i nostri pensieri, offre loro uno spazio dove muoversi, li camuffa, li stravolge, li abbellisce, ma lì rimangono una volta scritti, quasi a lasciare traccia del nostro passaggio che, domani, potrebbe avere contorni differenti, ma allora correrà l’obbligo di aprire un commento sul proprio wall e di dire al mondo che qualcosa in noi è cambiato! Un piacere ma anche una faticaccia, a ben guardare!
Dialoghi a gran voce, dunque, sul “libro delle facce” e Tu, diventi un avatar che saluta con un inchino e fa “ciao ciao” con la mano: ma dove andremo a finire se non riusciamo nemmeno più a guardarci negli occhi?
MariCri 

7 commenti:

  1. Certamente esiste il rischio reale di diventare schiavi di quell'avatar, di cui parli, che ci permette di schermarci in questo mondo parallelo, che è il social network, dove ognuno è a proprio agio perchè non si creano dinamiche particolari, è tutto molto piatto, facile da gestire. Ma se ci ricordiamo che esiste una dimensione viva, che è quella del confronto diretto, del dialogo a tu per tu, del piacere di osservare, ascoltare, scrutare, allora non rischieremo di farci sopraffare dall'avatar ma continueremo a preferire la ricchezza di uno sguardo e le quattro chiacchiere in un bar rispetto alla finestra di una chat. D'altro canto ritengo che i social network, facebook su tutti, siano comunque una grande invenzione...il segreto sta sempre nell'avere la giusta misura nell'utilizzo dei potenti mezzi di cui disponiamo.

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  2. Ciao Alice,
    condivido appieno il tuo commento ... Facebook è piacevole per certi versi, ma per altri rischia davvero di sostituire il valore della relazione vis à vis con il peso leggero di una tastiera e di un pulsante: invio.
    Sta a noi saperlo gestire a nostro favore, per parlare con amici che non sentiamo da anni e che riusciamo a ricontattare grazie al Libro delle Facce, cercando di non prenderlo troppo sul serio e ..attenzione! perché un tasto sbagliato, potrebbe essere un pensiero in più per non dormire la notte .... :-))

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  3. Cara Cri,
    mi hai fatto venire in mente che esiste pure questa sindrome da "tasto sbagliato"!!!Nel senso che spesso quando scriviamo cose by chat incappiamo in frasi, di cui certamente non si può cogliere il tono,e passiamo appunto la notte a pensare: "chissà cosa avrà capito, che impressione sbagliata posso aver dato". Che fatica non spegnere mai del tutto il cervello!!!Questo è un po' il prezzo che dobbiamo pagare per la tecnologia..sempre on line 24 ore su 24...sempre in linea con il mondo...ogni tanto ricordiamoci del tasto OFF e ricarichiamo la batteria...:D

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  4. Esatto!! quindi, okkio ai tasti giusti!!! :-))

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  5. proprio ieri sera se ne parlava in auto di ritorno da un bella cena. di quelle reali..
    qualche anno fa era second life a spopolare. se non c'eri eri out.. perfino le società si iscrivevano e tra una notizia importante e l'altra i media veicolavano il social network. poi altri socials.. e stessa menata.
    oggi il vero problema è che sempre meno pensano con la propria testa ed agiscono di conseguenza.
    è piu' facile e naturale sentirsi in che out (provato dalle neuroscienze) e seguire silenziosamente il gregge. rimanendo comunque una pecora anonima.

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  6. ...e peraltro tutte le caratteristiche di facebook sono comuni a tutti gli altri strumenti di comunicazione simili, forum e spesso blog compresi.Se dietro alla tecnologia e alla "vetrina" non c'è la persona il mezzo non ha senso e banalizza la comunicazione. Almeno per me. E detto da un informatico...è tutto dire!!
    Abbiamo mezzi straordinari, ma gestiti , utilizzati e sfruttati malissimo (nella maggior parte dei casi non in tutti fortunatamente o meglio dire "intelligentemente" ed emotivamente parlando.)

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  7. grazie ..! Il Social Network è potenzialmente molto efficace, sia dal punto di vista professionale, sia dal punto di vista relazionale. Diventa, invece, nefasto nel momento in cui sostituisce la realtà delle nostre relazioni. Un post in bacheca e si cambia umore per tutta la giornata! Non si desidera il confronto, ci si sfoga sulla bacheca e si pensa di aver comunicato a chi dovrebbe aver capito, quello che avevamo da dirgli! Che grande occasione ci perdiamo! Quella di parlare vis à vis, guardando negli occhi il nostro amico, il nostro amato, la nostra amata o chiunque sia, ascoltando non solo con le orecchie, ma, soprattutto, con il cuore ... l'unica "bacheca" dove "postare" i nostri più importanti messaggi :) MariCri

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